giovedì 12 giugno 2008

Omaggio all'AVO

Da qualche anno sono una volontaria ospedaliera dell'Associazione AVO. La principale motivazione che mi ha spinta ad assumermi quest'impegno è stata la lunga malattia di mia madre che l'ha condotta alla morte. Ogni volta che veniva ricoverata in ospedale ed era avvicinata da un volontario vedevo come le si illuminassero gli occhi: a loro confidava cose che a me non osava dire per non angustiarmi ulteriormente visto che anche io, in quel periodo, oltre al dolore e alle preoccupazioni che provavo per lei, attraversavo un momento molto difficile per altri problemi. Un atto di ringraziamento, il mio, per quello che fecero i volontari all'epoca per mia madre unito al desiderio di emularli. Niente di che, intendiamoci, mi reco in ospedale solo una volta alla settimana e per poche ore. Comunque ne traggo grande vantaggio perché aiutare gli altri in fondo aiuta anche me.
Tempo fa ho voluto dipingere un quadro in omaggio all'AVO.
Come potete vedere, in primo piano ho voluto rappresentare una mano che accoglie e stringe una seconda mano, a simboleggiare la relazione d'aiuto che i volontari AVO (così come tutti i volontari che operano nel sociale) intessono con i loro assistiti. Sullo sfondo ho rappresentato Gesù nell'orto degli ulivi con l'Angelo Consolatore. Perchè questo episodio del Vangelo ? Perché benché figlio di Dio, Gesù in quanto Uomo è - alla vigilia della Passione - turbato, angosciato ed ha paura della sofferenza ("Padre, se vuoi, allontana da me questo calice amaro ...): prova le stesse emozioni che ogni essere umano avverte quando si trova ad attraversare un momento difficile, come - ad esempio - la malattia, la sofferenza, la morte. Il destino di Gesù non viene mutato, dovrà bere il calice amaro, ma a sostenerlo, a consolarlo in questo momento di debolezza viene inviato un Angelo.
Ecco, i volontari AVO sono un pò come quest'Angelo: non abbiamo la bacchetta magica per cambiare il destino degli ammalati (purtroppo a volte non ci riesce neppure la medicina), ma possiamo ascoltare i pazienti, farli svuotare delle loro angosce, rinfrancarli.
Ho scritto anche una poesia, un giorno, dal ritorno dal servizio in ospedale colpita da una certa situazione che avevo visto. S'intitola "Di fronte alla separazione" e recita così: "Nel sudario di quel letto d'ospedale, lei giaceva spossata: malata terminale di cancro. Lui le sedeva accanto stringendole la mano. Nei loro occhi nessuna traccia di disperazione, nemmeno di rassegnazione. Solo silenzio, fatto di mille dolci parole che come musica riempivano la stanza: erano due Angeli che si dichiaravano eterno amore". http://www.recsando.it/asso/avo/informazioni.asp

1 commento:

dreamoftheblueturtle ha detto...

Complimenti per il blog! Davvero bello! Sono contenta che sei entrata anche tu nel mondo di Blogger! Un bacio